Ho visto facce stanche, volti afflitti,
persone trascinarsi lungo giornate infinite.
Persi come bambini in un mondo vuoto,
senza ricordare più com’è fatto un sorriso.
Leggo giudizi frettolosi in occhi di vetro,
occhi che riflettono poche immagini indefinite
di sedili fin troppo affollati,
trasmettendo nulla se non un morboso senso di inutilità.
Ho visto un uomo piangere, in piedi,
in un treno colmo di persone senza che nessuno lo guardasse.
Un dolore nascosto su un piedistallo
sotto dei riflettori che bruciano le retine.
Di fronte a me, su questi sedili stretti,
un ragazzo veste un completo elegante,
le sue mani curate tengono un tempo che è solo suo,
una musica che appartiene solo al suo mondo.
Ho incrociato il suo sguardo in quel riflesso
poco chiaro di un finestrino notturno,
mi sono persa nella sua melodia,
mi sono presa tutta quella confusione e sono andata via.