La sveglia suona, la canzone impostata diventa ogni giorno che passa il mio incubo peggiore.
Un automa.
Mi alzo, apro la finestra pregando ogni giorno di vedere qualcosa di diverso, di bello, ma oggi c’è solo nebbia.
Caffè e biscotti, cereali e latte, pane e marmellata, la prima decisione della giornata. In uno stato catatonico mi aggiro per la casa, mentre la mia parte cosciente urla “Più veloce o arriverai in ritardo”.
Senza sapere come, mi ritrovo in strada, ed è tutto appannato, che sia per il sonno o per la nebbia, non è dato sapersi.
“Mancano 12 minuti”
Un passo dietro l’altro, le mani in tasca, l’umidità che mi bagna i capelli, il frenetico ritmo di chi è già sveglio da prima di me. I bar sono pieni, le auto competono tra loro per la precedenza, tutti di fretta, tutti con un obiettivo. l’Orda di studenti con i loro zaini, girano l’angolo in gruppo, muovendosi come trascinati dalla corrente di un fiume.
“Mancano 5 minuti”
Questa strada l’ho vista troppe volte, questo percorso l’ho fatto troppo spesso, ormai non sono più io a camminare, ma è il fiume che trascina anche me.
“Mancano 2 minuti”
Sono quasi arrivata, la meta è l’unica soluzione per la nausea del tragitto, forse soffro il mal di mare, forse soffro la routine.
Prendo posto in classe, tiro un sospiro di sollievo, ma il tutto dura poco, la pace viene spazzata via dalla consapevolezza del ritorno. Nuovamente sale la nausea, il fiume si ingrossa, si agita, affondo nella mia routine.